A volte, ci sono occhi che cercano immagini da inquadrare. Altre invece, occhi che fantasticano
Il lavoro è stato condotto nell’ambito di 1,2,3, click, progetto che racconta lo spazio della scuola attraverso lo sguardo del bambino in un percorso che fa incontrare il mondo dell’educazione e quello della fotografia contemporanea; imparando e scoprendo lo spazio fotografandolo attraverso laboratori che favoriscono la collaborazione e la creatività e promuovendo la trasmissione reciproca di saperi tra giovani artisti, educatori e bambini.
Un progetto promosso da Fondazione Giovanni Agnelli
a cura di Arteco (Annalisa Pellino e Beatrice Zanelli)
Ritornando nelle scuole dove pochi mesi prima aveva condotto i laboratori con le classi, Ivan Catalano ha guardato tanto e ha scattato poco. Prima di cominciare a fare questo lavoro – afferma – pensavo all’inutilità di fare qualsiasi cosa, perché mi sembrava che nei laboratori ci fosse già tutto. Nelle foto dei bambini, intendo, ho ritrovato lo stesso lavoro che avrei potuto/voluto fare anch’io.
Da sempre interessato all’abitare e, pensando alla fotografia come la “continua sorpresa di guardare le cose”, Catalano, di formazione architetto, conosce bene i caratteri tipologici e distributivi degli edifici, ma non cede a scatti didascalici e citazionistici, consapevole dell’importanza di ripulirsi la mente, e gli occhi, da ciò che si è imparato.
Nelle serie di tre foto per ogni scuola si alternano spazi più aperti e chiari ad altri visivamente più densi, con una serie di rimandi formali ai limiti della mania visiva se non fosse per l’equilibrio e la chiarezza delle composizioni. In esse le cose intrattengono un dialogo serrato con gli spazi, che è di tipo simbolico oltre che formale, per poi lasciare il campo a divagazioni, o meglio, fantasticazioni personali che affondano nel particolare.
Catalano ha seguito più strade e ripreso gli stessi spazi da più punti di vista. Lo ha fatto privilegiando la visione frontale e scegliendo in ultima analisi non tanto le foto che avrebbe dovuto fare, quanto quelle in cui lui per primo avrebbe potuto ritrovare le tracce del lavoro fatto insieme ai bambini, perché come il fotografo di Guidi, Catalano è interessato alle tracce ma fa molta attenzione a non lasciare le sue (M.L. Gagliardi, La misura dello spazio. Fotografia e architettura: conversazioni con i protagonisti, Contrasto, Roma 2010, p.47).
Annalisa Pellino / Arteco